Benevento – Un fotomontaggio sta facendo il giro del web dalla tarda serata di ieri. Ritrae Fabio Caserta e Massimiliano Allegri nei panni di Renato Pozzetto e Adriano Celentano. Sono alla guida di un’auto, una Rolls Royce, in una rivisitazione della locandina del film ‘Lui è peggio di me’, nota pellicola del 1985. Il titolo beffardo rende l’idea di quanto sia complesso il momento che stanno attraversando i due allenatori, ciascuno nella sua dimensione. Situazioni diverse che confluiscono nello stesso mare: squadre che mancano d’identità, non arrivano a tirare in porta e sono prive della giusta condizione negli elementi chiave. Se l’allenatore della Juventus può rammaricarsi di avere fuori uso tante pedine determinanti, Caserta si ritrova a sbrogliare un altro gomitolo dai fili ben intrecciati: nuovo modulo, nuovi meccanismi, nuove distanze tra i reparti, forma fisica carente. Riuscirà a venirne fuori?
La stagione del tecnico di Melito Porto Salvo è iniziata male, con l’handicap dovuto a un mercato votato al ridimensionamento. Il mese di luglio e l’inizio di agosto non sono stati certo da ricordare: l’ombra ingombrante di De Rossi dopo la sconfitta con il Cosenza, la rosa completamente rivoluzionata nell’ultima settimana di trattative dopo un mese e mezzo di prove su quel 4-3-3 ormai finito in soffitta, le tante riserve dell’ambiente sul suo operato.
E’ ripartito da zero, il Benevento, ma ora che la classifica non sembra avere alcuna intenzione di aspettarlo, le difficoltà risultano moltiplicate. L’undici iniziale schierato contro il Brescia e i relativi cambi sono i testimoni perfetti di un periodo enigmatico. In attesa di Kubica, giovane a cui va riservato il giusto tempo, Caserta si ritrova a disposizione un solo regista, peraltro arrivato ‘last minute’: Pasquale Schiattarella. Un giocatore dai piedi indiscutibili ma allo stato attuale senza i novanta minuti nelle gambe. Era palesemente andato in riserva contro il Cagliari giocando meno di mezz’ora, un suo rendimento al di sopra della sufficienza partendo dal primo minuto è apparso un vero azzardo. Dove non è arrivato con il fiato ci ha messo la tecnica, il centrocampista partenopeo, ma è bastato per una ventina di minuti, nulla più.
Lo stesso discorso è trasferibile al reparto offensivo, dove la scelta della coppia titolare è ricaduta sul tandem Simy-Forte. Il primo è ancora a corto di ritmo, il secondo ha bisogno di un sussulto per dimenticare gli errori delle ultime apparizioni. In un colpo solo, così facendo, la Strega si è privata della possibilità di chiudere con loro due davanti per far fruttare cross e calci piazzati. A fine partita a tenere il reparto c’erano La Gumina e Ciano, due che non spiccano certo per stazza fisica, che non hanno tra i pregi quello di far salire la squadra e farla rifiatare per portare a casa il risultato. Che si tratti di un pari (comunque prezioso) o meglio ancora una vittoria.
Merita una sottolineatura anche il capitolo difesa. Nel terzetto il solo Veseli ha raggiunto la sufficienza. La scelta di spostare Glik sul centrodestra non ha pagato: ha spinto il polacco al fallo sistematico, a rischiare il cartellino fin da subito. Leverbe, centrale dai piedi buoni, ha bisogno a sua volta di ambientarsi, di capire i movimenti dei compagni che giocano davanti e accanto a lui. Se fosse arrivato a giugno il discorso sarebbe stato del tutto diverso, ma quel tempo a disposizione non c’è più e le esigenze non collimano con le ambizioni da zona alta.
Si è detto che al Rigamonti il Benevento ha perso per un episodio casuale, ma un po’ se l’è cercata. Non ha costruito alcuna ripartenza, ha concluso nello specchio quattro volte e quasi tutte da fuori, non ha creato superiorità numerica, ha vivacchiato pregando che nulla di male accadesse. Ma la buona sorte va sfidata fino a un certo punto. Una squadra che si aggrappa alla fortuna piuttosto che all’identità in momenti del genere, non è ancora squadra. L’auspicio è che prima o poi possa diventarlo.