Benevento – Riceviamo e pubblichiamo la nota di Luca Coletta, avvocato e presidente Comitato “Giù le Mani dai Pini”.
“Il project finacing riguardante l’ex campo del Collegio La Salle, promosso dalla ditta casertana Lumode e inserito nel pacchetto di interventi di riqualificazione urbana del cd. “Bando Periferie “, sembra avviato alla definitiva archiviazione.
Le ragione essenziale è nota: esso prevedeva un contributo finanziario pubblico per euro 7.000.784,24 su un totale di € 9.404.600,00, laddove detto contributo non può eccedere la misura del 49%. come fissata dalla norma primaria di cui al Codice dei contratti pubblici (art. 180 comma 6), e come certificato dall’ANAC con apposito parere sollecitato, notoriamente, da Altrabenevento.
La violazione di siffatta disposizione va venire meno l’istituto stesso del project financing scelto dal Comune quale meccanismo di realizzazione dell’opera in questione, istituto che necessita del determinate apporto economico del privato, non inferiore alla misura del 51%, in cambio dei proventi derivanti dalla gestione dell’opera medesima.
Si apprende dalla stampa locale che la ditta promotrice ha diffidato il Comune dapprima invitandolo a completare la procedura e quindi, in mancanza, a corrisponderle un cospicuo risarcimento sia per le spese tecniche (in sostanza il compenso per i progettisti) e sia per i mancati guadagni.
Alla richiesta hanno fatto seguito pensosi e affannati incontri tra le parti cui ha partecipato, del tutto inopportunamente stante l’incompatibilità dei ruoli, anche il dirigente comunale al contempo coordinatore responsabile del Programma riqualificazione delle Periferie e redattore del progetto originario per conto della società Lumode, il quale continua a occuparsi della pratica come se nulla fosse.
Comunque sia, da detti incontri è emersa la volontà del Comune di trovare un accordo transattivo.
E tuttavia, è lecito nutrire forti perplessità circa la fondatezza della pretesa risarcitoria.
E ciò perché: 1) allo stato l’amministrazione non ha assunto alcun provvedimento finale di annullamento in autotutela della procedura, provvedimento passibile poi di eventuale impugnazione innanzi alla competente Autorità Giudiziaria; 2) segue che non vi è alcuna sentenza che abbia accertato a beneficio della Lumode la illegittimità della condotta del Comune passibile, in presenza di tutti i presupposti come delineati dalla Giurisprudenza ammnistrativa quali la illegittimità del provvedimento, la colpa grave, la prova del danno, il nesso causale e così via, di condanna a eventuale risarcimento; 3) in ogni caso, al lamentato pregiudizio per le spese di progettazione( cd. danno emergente) ha concorso la stessa ditta, posto che l’“errore” rimproverato al Comune e consistente della violazione del Codice dei contratti pubblici è imputabile, evidentemente e logicamente, anche ai consapevoli progettisti; 4) il progettista originario, come visto oggi dirigente comunale, dichiarò illo tempore al fine di fugare ogni dubbio sul possibile conflitto di interessi, di essersi dimesso dall’incarico, di non aver avuto più avuto rapporti professionali con la Lumode e di aver rinunciato alla parcella; 5) segue che difetterebbe quanto meno una parte del lamentato danno per le spese tecniche; 6) circa l’asserito pregiudizio per il mancato utile( cd. lucro cessante quantificato in quasi 5 milioni di euro), esso appare quanto meno nebuloso, posto che la normativa prevede che il progetto presentato dal promotore, una volta approvato dall’ente pubblico, va messo in gara e che, ovviamente, a meno che non si abbiamo capacità divinatorie non vi era alcuna certezza sull’aggiudicazione alla Lumode stessa; 7) e ciò a non voler considerare l’oggettiva difficoltà di quantificare esattamente i guadagni ricavabili dalla gestione –nella fattispecie trentennale- dell’opera.
In definitiva l’affannarsi dell’amministrazione a trovare un accordo con la ditta non sembra riposare su solide basi fattuali e giuridiche.
Il rischio è che a pagare il conto di scelte tanto sbagliate sia nel merito quanto e soprattutto in sede procedimentale, non sarebbero i responsabili ma gli incolpevoli cittadini beneventani”.