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NAPOLI – In rigoroso ordine alfabetico, ci sono quelle di Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia; Marco Bucci, sindaco di Genova; Antonio Decaro, sindaco di Bari nonchè presidente dell’Anci; Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e presidente delle Province; Giorgio Gori, sindaco di Bergamo; Roberto Gualtieri, sindaco di Roma; Stefano Lo Russo, sindaco di Torino; Dario Nardella, sindaco di Firenze e coordinatore delle Città metropolitane; Maurizio Rasero, sindaco di Asti; Matteo Ricci, sindaco di Pesaro nonchè presidente di Ali e di Beppe Sala, sindaco di Milano.
 
Ma in calce alla lettera aperta dei primi cittadini che chiedono “a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo” non c’è la sua firma: quella del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.
 
Eppure, senza nemmeno ricordare che firmando il Patto per Napoli lo scorso 29 marzo Draghi ha salvato la città dal fallimento, appena due giorni fa, sul palco della Festa dell’Unità del Pd, intervistato da Ottavio Ragone di Repubblica, il primo cittadino ha espresso la sua posizione sulla crisi politica in atto molto chiaramente: “Mario Draghi – ha detto in quell’occasione – è il miglior Presidente del Consiglio che possiamo avere. Spero che la crisi possa rientrare e che nei prossimi mesi si possa lavorare all’agenda sociale. Il voto anticipato è da evitare”.
 
Per la prima volta, almeno implicitamente, ha preso le distanze da Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle che ha scatenato la crisi ma che, oltre ad essere stato il suo primo sponsor di caratura nazionale in campagna elettorale, fino all’inizio del 2021, è stato anche il Presidente del Consiglio che l’ha voluto Ministro dell’Università. 
 
Fatto sta che ora, da Palazzo San Giacomo, su questa scelta di non apporre la sua firma in fondo all’appello pro Draghi si tengono le bocche cucite. Si fa solo notare che, assieme alla sua, manca anche la firma di un altro sindaco di una grande città: quella di Matteo Lepore, primo cittadino di Bologna.
 
Come mai? La tesi più accreditata è che Manfredi e Lepore siano i due sindaci ‘pontieri sul campo’ con i 5 Stelle. Sebbene, su Twitter, Enrico Letta abbia appena ritwittato l’appello dei primi cittadini, dimostrando di condividerlo in toto.
 
Ma è un fatto che nelle loro giunte ci siano anche esponenti pentastellati (Luca Trapanese ed Emanuela Ferrante a Napoli; Massimo Bugani a Bologna). 
  
E che la lettera-appello dei sindaci chiede “con forza”, oltre che a Draghi di rimanere, anche “a tutte le forze politiche presenti in Parlamento che hanno dato vita alla maggioranza di quest’ultimo anno e mezzo di pensare al bene comune e di anteporre l’interesse del Paese ai propri problemi interni”.
 
“Queste forze – si legge ancora nella lettera – nel reciproco rispetto, hanno il dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane. Se non dovessero farlo, si prenderebbero una responsabilità storica davanti all’Italia e all’Europa e davanti alle future generazioni”.
 
“Ora più che mai – è la conclusione dei sindaci firmatari – abbiamo bisogno di stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia”.
 
A Napoli, sono tutti concetti che – evidentemente – si possono dire. Ma non mettere nero su bianco. Equilibrismi da pontieri.