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Il ritrovamento delle tredici tombe del V secolo a.C., avvenuto nei territori di Amorosi e Puglianello durante gli scavi per la realizzazione dell’Alta Capacità ferroviaria Napoli-Bari, è stato accolto con vivo interesse tra gli studiosi locali riuniti dall’Istituto Storico del Sannio Telesino.

Il Presidente dell’Istituto, dott. Michele Selvaggio, si è così espresso riguardo la scoperta: “Mi complimento con chi non ha occultato i ritrovamenti, ma ha divulgato e reso fruibile agli studiosi una così importante scoperta! Credo che l’Istituto Storico che presiedo possa farsi  promotore di un incontro di studio invitando il Soprintendente per l’Archeologia, belle arti e paesaggio delle Province di Benevento e Caserta, prof. Mario Pagano, i Responsabili del settore tecnico archeologico per i Comuni interessati, Dott. Andrea Martelli e la dott.ssa Antonella Tomeo,  Responsabile  archeologico per l’Alta Velocità, a fornire e a relazionare in via preliminare sulle evidenze archeologiche emerse lungo il tratto dell’Alta Velocità. Ci proponiamo infine, come Istituto Storico del Sannio Telesino, fin da ora per una eventuale pubblicazione degli atti del convegno oltre ad un eventuale protocollo d’intesa tra la Soprindentenza e l’Istituto”.

L’intervento di Giuseppe Corbo, studioso dell’Istituto Storico Sannio Telesino, ha rafforzato questo concetto: ”Sottolineo che nell’ambito del finanziamento per per la realizzazione della ferrovia AV/AC NA-BA è stata riservata una considerevole somma per l’indagine archeologica preventiva e per la sorveglianza archeologica in fase di realizzazione dell’opera. La ditta che esegue i lavori è costantemente sorvegliata da un archeologo a cui pongo la domanda su cosa possiamo attivare noi studiosi e le autorità preposte visti gli ulteriori scavi da effettuare tra Telese e Benevento. Come possiamo avere un sistema di allerta? Restiamo vigili e disponibili con il responsabile degli scavi”. Il Dott. Emilio Bove, fondatore dell’Istituto e artefice dell’Antiquarium di San Salvatore Telesino, ha ribadito “la necessità di attuare delle strategie condivise tra Autorità preposte ed Istituti scientifici al fine di sollecitare l’interesse, promuovere studi e ricerche sui siti archeologici insistenti nel nostro territorio, garantire la tutela e la salvaguardia dei reperti, nel rispetto dei ruoli e dei compiti di ciascuno”.

Il ritrovamento ha innescato una vivace discussione tra gli studiosi dell’Istituto.

“I Sanniti del versante tirrenico ebbero certamente una evoluzione differente rispetto ai Sanniti del versante adriatico: non a caso si parla di Telesia, Caudium, Saticula, Trebula. È chiaro che essi praticarono anche l’agricoltura, dove le condizioni territoriali e climatiche erano favorevoli, così come è chiaro che commerciavano con i popoli costieri, di ciò è fornita testimonianza dal ritrovamento di tesoretti e ceramiche d’importazione. Probabilmente anche l’organizzazione territoriale dei centri del versante tirrenico fu diversa: si può parlare di “protourbanizzazione” e i centri maggiori si comportarono come delle piccole “città-stato”.”, così si è espresso l’avv. Luciano D’Amico, noto studioso della storia dei Sanniti.

Gli ha fatto eco Claudio Conte, autore del recente saggio sul fenomeno luminoso della Leonessa a Cerreto Sannita, che, in parziale contraddittorio, ha dichiarato che “C’è da rivedere molto riguardo l’idea diffusa e predominante che i Sanniti si autoconfinassero sui monti dedicandosi quasi esclusivamente alla pastorizia da qui poi l’immagine iconica del pastore-guerriero. Le necropoli di Montesarchio, Telesia, Alife, insieme a tante altre ed ora anche questa di Amorosi-Puglianello, ci indicano che essi fossero “stabilmente” insediati anche nelle pianure dedicandosi ovviamente all’agricoltura e ai commerci e che di conseguenza avessero le capacità di progettare ed edificare le infrastrutture più idonee per sostenere questo stile di vita,  compresa la capacità di costruire strutture edili complesse tipiche dei popoli confinanti che adottavano lo stesso stile di vita e con i quali c’erano certamente scambi commerciali e culturali”.

“I Sanniti insomma, secondo un abusato stereotipo dominante potevano anche essere un popolo rozzo,” ci chiarisce il Dott. Antonello Santagata, autore di Samnes un romanzo storico proprio su questo popolo e Socio dell’Istituto Storico del Sannio Telesino “ma essi rappresentarono una civiltà attenta, civile e operosa tanto da poter replicare strutture sofisticate più adatte allo stile di vita della pianura”.

Claudio Conte insiste però “Non è poi così tanto chiaro, forse comincia soltanto ora e dopo tante e tenaci resistenze ad esserlo oggi. Fino a ieri si è sostenuto e scritto che i Sanniti fossero un popolo senza “città” che vivessero in semplici capanne, cosa a cui non ho mai creduto, oggi si cede alla “protourbanizzazione” ma credo che sia solo un primo passo che porterà domani a parlare senza remore di veri e propri centri urbani. Non è possibile convivere a stretto contatto con la civiltà Magno Greca o Etrusca e non essere capaci di imitarne strutture evolute da cui possono derivarne vantaggi infrastrutturali e quindi economici e civili.”

Conclude il dott.  archeologia Nicola Ciervo, altro socio dell’Istituto: “Sarebbe molto interessante proporci, tramite l’Istituto, per aprire una linea di ricerca finalizzata alla divulgazione. Molti di questi reperti rischiano di finire negli antri oscuri di qualche magazzino museale. Una nostra proposta in questo ambito potrà essere finalizzata anche ad una seria progettazione di allestimenti museali nel nostro territorio. L’idea potrebbe essere quella di sviluppare una rete di cellule archeologiche nella Valle Telesina e rendere fruibili tutte le eredità che la civilità Sannitica ci ha lasciato.”

Il ritrovamento ha acceso sicuramente l’interesse degli appassionati,  non resta che augurarci che la sfida culturale continui e arricchisca questo territorio così pieno di Storia.