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Quello della cocaina si conferma un mercato “in continua e grande espansione”, il dato emerge dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze. Durante il 2021, attraverso circa 7.900 operazioni di polizia, sono state sequestrate oltre 20 tonnellate di cocaina, dato più alto mai registrato. Il gran numero di sequestri, tuttavia, sembra non aver fermato la diffusione della sostanza nel nostro paese. L’analisi delle acque reflue, infatti, descrive una concentrazione della sostanza media di 12 dosi ogni 1.000 abitanti/giorno, quantitativo medio in crescita dagli anni precedenti.

La sostanza entra nel nostro Paese principalmente dai porti ed è proveniente dall’area sudamericana e, una volta immessa sul mercato, presenta una purezza media pari al 68%. Il costo resta elevato e in costante aumento negli ultimi dieci anni, sia per quanto riguarda il traffico di grandi quantitativi (da 36.000 a 42.000 euro ogni kg o ogni 1.000 dosi), sia per la vendita in strada al dettaglio (73-93 euro ogni grammo o dose). Guardando ai danni socio sanitari, la metà delle persone con disturbo da uso di sostanze ristrette in carcere sono assistite per uso primario di cocaina o crack. Nel 2021 la cocaina è risultata la sostanza primariamente utilizzata dalla maggior parte delle persone in cura nelle comunità terapeutiche (37%). Nel corso degli anni è inoltre aumentata gradualmente la percentuale di chi è in trattamento presso i SerD per uso di cocaina e crack. Nel 2021, il 22% degli assistiti in trattamento usa come sostanza primaria la cocaina, confermandosi la seconda sostanza più utilizzata dopo l’eroina. Negli ultimi anni si assiste inoltre a un inasprimento di altre conseguenze per la salute legate all’utilizzo della sostanza.

I decessi correlati al consumo di cocaina, infatti, aumentano, registrando nell’ultimo triennio un tasso di mortalità pari a 1,7 decessi ogni 1.000.000 abitanti. In salita anche i ricoveri ospedalieri con diagnosi primaria correlata all’utilizzo di cocaina che passano dall’11% nel 2011 al 26% nel 2020; in particolare, i ricoveri maschili risultano raddoppiati e quelli femminili triplicati. L’unico indicatore in controtendenza è quello relativo al consumo; in base alle informazioni fornite da un campione di consumatori, l’utilizzo della sostanza risulta diminuito rispetto al 2018. La stessa tendenza si osserva fra i giovani studenti italiani: la percentuale di utilizzatori, infatti, risulta più bassa di quella registrata nel periodo pre-pandemia, confermando un andamento decrescente dal 2007. Più nel dettaglio, nel 2021, la sostanza risulta facilmente accessibile per il 7% degli studenti e sono 35mila coloro che l’hanno utilizzata, con consumi maggiori fra i ragazzi e i maggiorenni, che risultano le categorie più esposte. Il dato dei consumi giovanili potrebbe essere tuttavia condizionato dal prezzo elevato della sostanza.

Droga: 458mila ragazzi hanno usato cannabinoidi nel 2021: sono giovani tra i 15-19 anni

 Quasi il 24% degli studenti ha consumato cannabis almeno una volta nella vita e 458mila 15-19enni (quasi 18%) l’hanno usata nel corso dell’ultimo anno. Il dato sulla diffusione dell’uso di questa sostanza relativo al 2021 è reso noto dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze. Circa un terzo degli studenti in questa fascia di età ritiene infatti di poterla reperire facilmente mentre, considerando solo gli utilizzatori nell’anno, questa percentuale raggiunge il 69%. L’ uso di cannabis è spesso esclusivo e si accompagna a quello di altre sostanze solamente nel 9% dei casi, mentre l’età di primo uso si attesta tra i 15 e i 16 anni in oltre la metà di coloro ne hanno fatto uso almeno una volta nella vita. Circa uno studente consumatore su cinque ha un comportamento di uso definibile “a rischio” e a partire dal 2013 non si sono osservati cambiamenti percentuali. Il consumo di cannabis è spesso legato a necessità di coping (strategie di adattamento, ndr) , che sono state acuite dalle conseguenze psicologiche prodotte dalla pandemia: secondo la EU WEB SURVEY condotta nel 2021 le motivazioni più frequentemente riportate dai consumatori oltre al semplice svago (64,6%), sono la riduzione dello stress (89,6%) e degli stati di depressione e ansia (41,7%), il miglioramento del sonno (62,1%) e delle capacità di socializzazione (33,9%). Le conseguenze sanitarie dell’uso di cannabis sembrano rimanere piuttosto marginali: nel 2021, l’11% delle persone in trattamento presso i SerD usava i cannabinoidi come sostanza primaria. Tuttavia alcuni segnali potrebbero indicare il potenziale rischio dell’aumento costante della potenza e della differenziazione dei prodotti disponibili. In proposito, mentre la percentuale di ricoveri direttamente attribuibili alla cannabis è relativamente ridotta (5,6% dei casi), quella riferita al consumo di sostanze miste o non specificate è circa la metà, ed è in questa quota che potrebbero nascondersi le intossicazioni attribuibili all’uso di nuove sostanze a base di cannabinoidi sintetici.