NAPOLI – L’ultima idea l’ha avanzata ieri, chiudendo un cerchio, il consigliere-magistrato Catello Maresca che, di bianco vestito, dai banchi dell’opposizione, a un certo punto, ha messo a verbale: “Facciamone la sede degli uffici del Ministero per il Sud di Mara Carfagna. Del resto, è stata lei a volerci mettere 100 milioni del Pnrr per il restauro prossimo venturo…”.
Al che, l’assessore al bilancio Pier Paolo Baretta, che è di Venezia e quindi sicuro conoscitore della commedia dell’arte, ha replicato: “Consigliere, se invece ‘del consiglio impegna…’ scriviamo su questo suo emendamento ‘la giunta tenga in considerazione anche questa soluzione’?”
E’ andata a finire a tarallucci e vino. Nel senso che l’emendamento che nulla emanda, in sede di approvazione di bilancio comunale, è passato all’unanimità.
Ma tant’è: l’unica cosa che garantisce è l’allungamento della lista delle destinazioni sognate e mai realizzate per l’Albergo dei Poveri. Un palazzone così fuori misura che, in realtà, fin dalla sua costruzione mai portata al termine da Ferdinando Fuga nel 700, ha sempre rappresentato più che il “gigantismo borbonico”, per dirla con Paolo Macry, un problema per Napoli. E chissà che le due cose non coincidano.
E insomma: la lista dei desideri, dicevamo.
Ha avuto la pazienza di compilarla Enrico Cardillo, direttore dell’Istituto di Studi per la Direzione e la Gestione di Impresa nonchè assessore ai tempi della Iervolino che, al palazzo di piazza Carlo III, ha dedicato un saggio contenuto in ‘Napoli 1990-2050’ a cura di Attilio Belli e intitolato emblematicamente “La discontinuità amministrativa: la vicenda dell’Albergo dei Poveri come metafora” per dimostrare come “la mancanza di continuità amministrativa e di visione abbiano contribuito profondamente alla perdurante crisi della città”.
E quindi, tenetevi forte.
Cardillo fa nomi e cognomi: “Massimo Rosi (a cui si è aggiunto Paolo Craveri la scorsa settimana, ndr) propose di destinare il monumento a sede della Regione; Nicola Pagliara propose di destinarlo alla Facoltà di Architettura realizzando anche una foresteria-residenza per ospiti di rango internazionale; Cesare de Seta lo propone (ancora oggi, sul Corriere del Mezzogiorno, ndr) come nuova sede per la Biblioteca Nazionale (l’idea che negli ultimi tempi, con l’avallo del ministro alla Cultura Dario Franceschini, più si sta facendo strada, ndr); Paolo Leon, economista, consegnò ad Antonio Bassolino sindaco una proposta per farne il Museo del Mediterraneo; Francesco Lucarelli, presidente del Comitato Unesco per Napoli, propose di destinarlo a Centro per Arti e Mestieri; Guido D’Agostino lo propose come destinazione degli uffici di Comune, Provincia e Regione chiamandolo ‘Palazzo del Potere’; Nomisma (la società di Romano Prodi per la consulenza strategica ed aziendale, ndr) ne propose due destinazioni d’uso: Palazzo dell’Innovazione e dei servizi avanzati per la Pubblica Amministrazione oppure Palazzo delle Arti e della Musica (Città della Musica, Casa dell’artigianato e dell’antiquariato, Salone del gusto); Rosa Russo Iervolino ne voleva fare la Città dei Giovani”.
La memoria lunga di Cardillo gli ha consentito anche di ricordare che “a metà degli anni Ottanta, la facoltà di Architettura della Federico II, nel festeggiare i suoi primi 50 anni di storia didattica, chiamò a Napoli i maggiori progettisti italiani e stranieri invitandoli a proporre progetti su alcuni temi di trasformazione urbana. Bene: alcuni di questi proposero l’abbattimento del monumento”.
Ora: detto che il sindaco Gaetano Manfredi prima confessava che ci vedeva bene “una factory della creatività, il primo mattone per la realizzazione di una industria culturale a Napoli”, ma ora, la settimana scorsa, si è mantenuto molto più sul generico dicendo ai cronisti che “la decisione di farne la nuova sede della Biblioteca Nazionale non dipende da me, ma dal Ministero della Cultura: se vuole investirci in tal senso rendendola una biblioteca multimediale, all’altezza di quelle che esistono a Parigi e a Londra, il Comune farà la sua parte”, ecco, detto questo, giusto un anno fa, per quegli strani scherzi della storia, il primo luglio 2021, in piena campagna elettorle per le comunali di Napoli che hanno visto Catello Maresca candidato sindaco del centrodestra, la ministra Mara Carfagna inaugurava la settimana delle “Cento idee per l’Albergo dei Poveri”.
Quattro ore, 130 iscritti, centinaia di proposte inviate via mail. “Saranno tutte vagliate”, promise la ministra per il Sud. I giornali parlarono di “una vera maratona di ascolto”.
Fatto sta che, come visto, un anno dopo, il consiglio comunale, in quel palazzone così difficile da gestire, ha dato l’ok (anche) a farci gli uffici della Carfagna.
Un piccolo cerchio si è chiuso. Ma “beati i perplessi”, sospirava Guido Ceronetti.