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NAPOLI – La storia della pizza è nata 4 giorni fa con Flavio Briatore che ha postato su Instagram un video in cui accusava i piazzaioli che vendono il loro prodotto a 4/5 euro: un prezzo fuori mercato, se si vogliono rispettare le regole e se si vogliono utilizzare prodotti di qualità: dalla farina al pomodoro, alla mozzarellA (https://www.instagram.com/p/Ce6Yiscp5Jx/).

Particolarmente offesi, così, si sono sentiti i pizzaioli napoletani. Tant’è che oggi, presso la storica pizzeria Sorbillo ai Tribunali, il fatto si è fatto serio. E le pizze, all’ora di pranzo, sono state distribuite addirittura gratis, con tanto di comizio del consiglere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli.

Tra un morso e l’altro, quella di Briatore è considerata una “provocazione”: “Dice che se la pizza costa poco non è buona? Ecco, noi la facciamo così e gli ingredienti sono questi: assaggiatela e ditemi com’è”.

“Quella di Briatore è una polemica stupida”, ha tagliato corto Sorbillo. “La pizza nasce come piatto popolare e deve restare tale. A noi piace lavorare con il popolo e accontentare tutti: bambini, disoccupati, professionisti e pensionati. Davanti a una pizza sono tutti uguali e tutti devono potersela permettere”.
 
Francesco Emilio Borrelli, che è anche presidente della commissione Agricoltura della Regione Campania, poi, ha rincarato: “La pizza nasce come piatto ‘povero’, alla portata di tutti, ma sano e genuino – ha detto, respingendo il retropensiero alimentato da Briatore secondo cui chi vende la piazza a 4 euro la fa con ingredienti scadenti – Briatore, con i suoi modi, ha offeso chi questo prodotto l’ha reso grande ed esportato in tutto il mondo e i miliardi di utenti che ogni anno si sfamano a prezzi popolari”. 
 
E insomma, il dibattito è aperto.
 
Tant’è che dice la sua anche un politico-chef: Andrea Di Martino, ex Italia Viva: “Ha vinto Briatore – ha scritto sul suo profilo Facebook – La risposta che a Napoli la pizza costa 4 euro è la peggiore che si potesse dare. È quella idea di bad food che si stava affermando intorno alla pizza prima che il mai troppo ricordato e compianto Stefano Bonilli decidesse di dare una scossa a questo settore. Per 4 euro cosa si dà al cliente? Quali farine? Quanto tempo si lasciano lievitare? Il topping da cosa è composto? Da un qualsiasi elemento anche andato a male perché tanto a 400 e più gradi nessun batterio sopravvive? Quanti lavoratori si sfruttano per fare una pizza a 4 euro?”
 
Di Martino si chiede se chi vende una pizza a 4 euro, in realtà, “non bari”.
 
“Avete la pizza a 4 euro e poi fate le pizze gourmet a 15 euro, come se ci fossero due mondi della pizza. Quello degli inferi e quello del Paradiso”.
 
Ma, allora: qual è il prezzo giusto per una pizza di cui fidarsi?
 
“Noi in Taverna usiamo una farina Petra che facciamo lievitare minimo 24 ore, il topping è composto con pomodoro San Marzano originario di fattoria Zero, il fiordilatte arriva dal caseificio Gargiulo di Gragnano, l’olio è il Ravece Dop di Conte d’oro, il parmigiano è il Vacche rosse 36 mesi, il basilico quello del nostro orto. Non abbiamo lavoratori a nero ed ognuno riceve pienamente ciò che il contratto prevede. Ebbene – è la risposta di Di Martino – sotto i 7 euro non riusciamo a stare anche se non è ancora il prezzo che una pizza cucinata in questo modo meriterebbe”.