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Napoli – La Corte di Assise di Napoli (seconda sezione, presidente Concetta Cristiano) ha condannato l’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny a 3 anni e 6 mesi per l’omicidio colposo di Antonio Balestrieri, uno degli operai dello stabilimento Eternit di Bagnoli deceduto a causa di prolungata esposizione all’amianto. Per gli altri casi al centro del processo, i giudici hanno sancito l’avvenuta prescrizione.
Lo scorso 2 marzo i sostituti procuratori di Napoli Anna Frasca e Giuliana Giuliano avevano chiesto per il 74enne Schmidheiny una condanna a 23 anni e 11 mesi di reclusione.

Vergogna, vergogna“: a gridarlo all’esterno dell’aula 116 del nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli sono stati alcuni parenti delle otto persone decedute, a causa – secondo la Procura di Napoli – dell’esposizione alle fibre di amianto nello stabilimento Eternit di Bagnoli. La reazione ha fatto seguito alla lettura della sentenza con la quale l’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 74 anni, è stato condannato per l’omicidio colposo del solo Antonio Balestrieri, assolto per il decesso di Franco Evangelista, mentre per le altre sei vittime il procedimento è stato dichiarato estinto per intervenuta prescrizione.

Il processo bis che ha visto il proprietario svizzero del Gruppo Eternit, Stephan Ernest Schmidheiny, imputato a Napoli per omicidio volontario per aver causato, secondo l’accusa, consapevolmente la morte di otto persone, tra cui sei operai della fabbrica di Bagnoli, la moglie di uno di essi e un cittadino residente nella zona circostante, è il nuovo round di un procedimento che ha consentito al proprietario, grazie alla prescrizione emanata nel 2014 dalla Cassazione, di evitare la condanna. Proprio dopo la prescrizione, associazioni di familiari e organizzazioni sindacali, molte delle quali si sono costituite parte civile, hanno rilanciato la loro mobilitazione per ottenere il giusto risarcimento. Le morti registrate tra i lavoratori dell’Eternit di Bagnoli per cause correlate all’esposizione e all’inalazione delle fibre di amianto, secondo i dati diffusi dall’associazione Maipiuamianto, sono state, dal 1939 ad oggi, 902. I casi di malattia accertata sono stati 134 di cancro polmonare, 9 della laringe, 258 di asbestosi polmonare e 65 di mesotelioma. Gran parte di questi lavoratori non sono arrivati in vita all’età della pensione. Una lunga scia di lutti, circa 2.500 a livello nazionale, che ha interessato per decenni gli operai di tutte le fabbriche del Gruppo, da Bagnoli a Casale Monferrato, da Rubiera a Siracusa.
In particolare, così come è stato ribadito dai legali delle parti sociali nel corso dei vari dibattimenti, al titolare del Gruppo Eternit è stato contestato da sindacati e associazioni la responsabilità di un dramma ambientale i cui segni sono apparsi evidenti anche nel contesto della bonifica di Bagnoli dove si è scavato proprio nel terreno che ospitava lo stabilimento.
L’associazione Maipiuamianto sperava che questo processo potesse restituire “dignità, giustizia, risarcimento morale e materiale a chi ha sofferto, per gli atti consapevoli compiuti da chi aveva la responsabilità legale di quanto accadeva”.

Una sentenza che lascia l’amaro in bocca soprattutto perché non siamo sicuri che la realtà processuale coincida con la realtà storica, dato il lungo tempo trascorso. Confidiamo nel giudizio di appello nella speranza che si giunga proprio a una verità processuale che dia ragione della realtà storica“. Così l’avvocato Elena Bruno, legale dell’associazione “Mai più Amianto” ha commentato il verdetto che ha escluso il dolo in relazione a otto morti, sei operai dello stabilimento Eternit di Bagnoli, un parente di uno dei lavoratori e di una ottava persona, secondo la procura decedute a seguito delle malattie sviluppate dall’esposizione all’amianto.

La sentenza è una delusione, per noi non c’è stata giustizia“. Così Ciro Balestrieri, figlio di Antonio Balestrieri, l’unica delle otto persone decedute per la quale l’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny è stato ritenuto oggi colpevole di omicidio colposo e condannato a tre anni e mezzo. “Ci aspettavamo dignità per le persone che hanno lavorato – ha detto ancora Ciro Balestrieri – come mio padre, dalla mattina alla sera, per poi tornare a casa con una tuta sporca di amianto. Spesso finiva ricoverato in ospedale. Nel 2007 gli hanno diagnosticato il mesotelioma causato dall’esposizione all’amianto e dopo due anni di sofferenza si è spento”. “La condanna a tre anni e sei mesi? È ridicola – dice ancora Ciro – ed è ancora più ridicolo il risarcimento: 3mila e 300 euro per la sua vita”. Per Ciro Balestrieri, “la giustizia italiana ha fallito e per questo lancio un appello al presidente Mattarella, al ministro della Giustizia e al Papa: aiutatemi ad avere giustizia per papà”.

Impugneremo certamente la decisione ed è motivo di soddisfazione il fatto che è stato escluso il dolo”. Così, l’avvocato Astolfo di Amato, legale dell’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, ha commentato la sentenza con la quale la Corte di Appello di Napoli ha condannato il suo cliente per l’omicidio colposo di una delle otto persone ritenute dalla Procura di Napoli vittime della prolungata esposizione alle fibre dell’amianto nello stabilimento Eternit di Bagnoli, a Napoli. I giudici della seconda sezione hanno assolto Schmidheiny in relazione a una delle otto morti e dichiarato prescritto il reato di omicidio colposo per le restanti sei.

Delusione e rabbia incontenibile per la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero padrone della Eternit.
Questi sono i sentimenti delle famiglie delle vittime presenti alla lettura della sentenza”. Cosí Giovanni Sannino, presidente di MaiPiuAmianto.
Tra prescrizioni e assoluzioni – secondo Sannino – si consuma un’ulteriore offesa alle vittime e alle loro famiglie, così come successe nel 2014 con la prescrizione della Cassazione. Si conferma in tal modo lo stato di impunità per chi si è reso responsabile di infiniti lutti. Ancora una volta si nega la dignità e la giustizia a chi ha perso i propri cari perché in fabbrica si lavorava senza misure di sicurezza e senza informazioni corrette sulla legalità della fibra di amianto.
Perché questo è successo e questa è la storia della Eternit.
Nessuno in questo Paese vuole fare i conti con quello che è successo”. “MaiPiuAmianto – conclude Sannino – si associa alla frustrazione dei familiari delle vittime per questa sentenza emessa e confida che nel prosieguo del processo si possa recuperare pienamente l’impianto accusatorio della Procura di Napoli. Questa assurda sentenza interroga tutti, Istituzioni e politica , su un dramma umano che non può rimanere negli scaffali dei tribunali. MaiPiuAmianto continuerà il suo impegno nel sollecitare le Istituzioni, Regione in primis, a liberare il territorio dalla morsa dell’amianto e a garantire la tutela sanitaria agli ex esposti”.