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Prosegue l’attività di indagine dei Carabinieri della Compagnia di San Bartolomeo in Galdo e delle dipendenti Stazioni per identificare autori di truffa che con tantissime modalità fraudolentemente ottengono del denaro in danno delle vittime.

Nel primo episodio, le indagini erano state avviate nell’ottobre scorso, in seguito alla denuncia di una casalinga che aveva ricevuto sul suo telefonino un sms contenente un link ad un sito internet, che si presentava molto simile a quello dell’istituto bancario di cui era cliente. Il messaggio le prospettava delle problematiche sul suo conto corrente e pertanto, nella convinzione di aver ricevuto una comunicazione genuina, per comprendere il problema indicato, la donna cliccava sul link ricevuto ed inseriva le proprie credenziali. Qualche giorno dopo, però riscontrava che sul suo conto corrente, in conseguenza dell’accesso telematico eseguito, vi era un ammanco di circa quattrocento euro. Le conseguenti indagini dei militari individuavano che dopo avere acquisito la username e la password della donna, la somma di denaro era stata accreditata su una carta di credito intestata ad un 25 enne napoletano, già noto alle Forze dell’Ordine, che veniva quindi deferito in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Benevento, per la truffa commessa con il metodo del “phishing”.

Nel secondo caso, le indagini erano state avviate nel gennaio scorso a seguito della denuncia di un imprenditore edile locale che aveva provato ad acquistare un mini escavatore su internet, venendo invece truffato. I militari raccoglievano elementi indiziari a carico di tre uomini calabresi, già noti alle forze dell’ordine per truffa, i quali utilizzando un falso annuncio di vendita on-line del mezzo d’opera ad un prezzo estremamente vantaggioso, pubblicato a nome di una società inesistente su un sito specializzato in compravendita di macchine da lavoro, erano riusciti a persuadere il denunciante, nel corso di contatti telefonici intrattenuti con lui mediante utenze telefoniche di due di loro, a versare un acconto di circa cinquecento euro sul conto corrente bancario intestato al terzo complice, per poi rendersi irreperibili senza mai consegnare il mezzo che il malcapitato credeva di aver acquistato.