Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato Sannita Acqua Bene Comune:
Il 22.03 si celebra la giornata mondiale dell’acqua che mai come quest’anno assume una grande importanza per i territori del Sannio e dell’Irpinia. L’acqua è la madre della vita e tutta l’esistenza su questo pianeta è nata da essa, tant’è che l’uomo senza bere muore dopo pochi giorni. Con il surriscaldamento del pianeta e l’aumento delle temperature a cui i grandi della Terra non riescono a porre un freno, l’accesso al bene acqua è in serio pericolo, non solo per il sud del mondo, ma anche per il nostro Paese. Il Word Resource Institute ci dice che anche in Italia nel 2040 ci sarà uno “stress idrico” a causa di una disponibilità di acqua inferiore del 50 % rispetto a quella odierna. Ecco perché è così importante che l’acqua resti in mani pubbliche, perché oggi è stata già quotata in borsa a Wall Strett e nel futuro il suo prezzo dipenderà dalla maggiore o minore disponibilità sul mercato. Per questo motivo bisogna continuare a difenderla con i denti. La politica locale oggi ha una grande opportunità che è la scadenza del 30.06.2022 della concessione a Gesesa/Acea (società a maggioranza privata controllata dalle multinazionali francesi Suez e Veolia) per gestire in maniera pubblica ed efficiente il nostro patrimonio idrico, creando ricchezza e posti di lavoro per i territori. Ricordiamo che la gestione totalmente pubblica (cosiddetta “in house”) non ha bisogno di nessuna gara d’appalto, in quanto l’ordinamento giuridico consente l’affidamento diretto ad una società pubblica escludendo, solo in tale ipotesi, il ricorso al mercato.
Davanti a questi preoccupanti futuri scenari, la classe dirigente beneventana continua a parlare di “ricorso al mercato” e di quote azionarie al 51 %, proprio ora che si potrebbe estromettere facilmente Acea, che sta gestendo il servizio in maniera pessima, secondo quanto sostenuto dalle inchieste della magistratura sannita (rispettando il principio di non colpevolezza) che hanno portato al sequestro di 12 depuratori, trasformando i nostri fiumi in “cloache a cielo aperto”, senza dimenticare la vicenda delle contaminazione dei pozzi al tetracloroetilene. È arrivata l’ora di smetterla di propagandare, anche nelle scuole, il modello privatistico delle multinazionali come la panacea di tutti mali, perché la realtà è ben diversa ed è sotto gli occhi di tutti. Il modello di gestione pubblica esiste ed è quello dell’azienda pubblica Napoli Abc, che realizza nel capoluogo partenopeo da 11 anni una gestione efficiente, a servizio esclusivo dei cittadini e del bene comune.
La divisione degli ambiti nell’area Nord di Napoli è stata colta per far nascere nuovi modelli di aggregazione tra i comuni e creare il gestore unico di distretto previsto dalla Legge che consente di accedere ai fondi del PNRR per il risanamento delle reti. Nel Sannio, invece, la suddivisione dell’ambito Benevento/Avellino potrebbe portare al consolidamento del socio privato che molto difficilmente cederà le sue quote azionarie al comune di Benevento. La cosiddetta “proroga tecnica”, di cui parla il Sindaco di Benevento, se adottata in modo illegittimo, è equiparata ad “un affidamento senza gara”, ammesso in casi del tutto eccezionali e soltanto nelle “more dell’espletamento della nuova gara di appalto”, come previsto dal Codice degli Appalti e come affermato costantemente dal Consiglio di Stato, dalla Cassazione e dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (da ultimo delibera ANAC n. 576 del 28.07.2021). Una soluzione di affidamento senza gara appare, inoltre, molto rischiosa per gli amministratori locali che andrebbero ad approvarla, esponendoli a responsabilità giuridica, perché ad oggi non ci risulta che sia stata bandita alcuna procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio.
Ci auguriamo che il bellissimo appello dei Vescovi di Benevento e di Avellino del 14.03.2022 non cada nel vuoto perché, come affermano i nostri Pastori l’acqua è ”..un bene di cui tutti devono poter usufruire e che non può essere assoggettato a logiche di mercato, che alla fine gioverebbero al profitto di pochi e costituirebbero invece un danno per molti. Non dobbiamo e non possiamo infatti dimenticare che nel 2011 ventisei milioni di italiani, con un apposito Referendum, hanno espressamente affermato che l’acqua non può entrare nei giochi di mercato né la si può utilizzare per trarne altro profitto che non sia la tutela del bene comune.”
Ci uniamo anche noi all’esortazione dei Vescovi rivolta a coloro che gestiscono la cosa pubblica “perché pongano in essere progetti condivisi e gesti concreti, tenendo conto che qualsiasi privatizzazione del bene naturale dell’acqua che vada a scapito del diritto naturale di potervi accedere è inaccettabile. Vorremmo infatti poter dire, ancora una volta con il profeta: “O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite” (Is 55,1).”