Caserta – Il 2021 è stato l’anno del record assoluto di produzione per la mozzarella di bufala campana Dop. Sono stati prodotti 54.481.000 chilogrammi di mozzarella a marchio Dop, superando anche i livelli pre-pandemia e mettendo a segno un +7,5% sul 2020 e un +8,5% sul 2019. Per la prima volta oltre 1 miliardo di bocconcini sono stati portati sulle tavole di tutto il mondo. Circa il 70% del latte idoneo alla Dop è stato trasformato in Bufala Campana, la restante parte invece è stato declassato per produrre altre tipologie (mozzarella non Dop e diversi tipi di formaggi di bufala). Numeri che raccontano di un settore florido e in costante espansione ma che rischiano di essere vanificati dall’aumento generalizzato dei costi per le aziende, che hanno prodotto un aumento del prezzo di vendita al consumatore “dell’oro bianco“, per ora ancora contenuto: nell’area dop, in particolare Campania e Basso Lazio, un chilogrammo di bufala campana dop è passato in media dai 11-12 euro ai 13-14 euro, mentre nel resto d’Italia oggi un chilo di mozzarella di bufala campana dop costa mediamente dai 18 ai 20 euro al chilo. A lanciare l’allarme è il presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, Domenico Raimondo. “C’è una abbondanza di latte – spiega Raimondo – abbiamo già dimostrato una immediata capacità di reazione e una grande resilienza durante la fase acuta della pandemia. Ora la filiera potrebbe ancora crescere ma invece vive un paradosso inquietante: a causa della guerra e dell’insostenibile aumento dei costi di produzione, le nostre aziende rischiano il collasso, se non si interviene subito per adeguare i listini dei prezzi“. Anche in seguito alla guerra in Ucraina, sono raddoppiate le spese per il gas che incideranno per un +10% sui bilanci. Analogo raddoppio anche per l’energia elettrica. A rischio il primato raggiunto in Francia, dove le vendite di mozzarelle nel 2021 hanno superato anche il camembert; sempre più difficile, inoltre, sarà raggiungere i mercati extra europei, a cominciare dagli Usa.
“Da due anni – dice ancora il presidente del Consorzio – è in costante crescita il prezzo del latte di bufala, a cui vanno sommati gli incrementi delle spese per i rincari di energia, gas, plastica, imballaggi e trasporti, solo per citare le voci più significative, ecco perché i trasformatori sono in grandi difficoltà. Da mesi questi aumenti sono assorbiti totalmente dai trasformatori, che non riescono a compensarli all’interno della filiera e ora ad essere a rischio è la sostenibilità economica delle stesse aziende“. Il presidente invoca interventi rapidi: “Abbiamo avuto finora grande senso di responsabilità, ma da inizio anno stiamo assistendo a una accelerazione ulteriore dei costi di produzione e gestione, di conseguenza credo che adesso sia inevitabile richiedere un adeguamento dei prezzi sul mercato e veder riconosciuto un aumento da parte delle realtà operanti nei vari canali della distribuzione. L’unica competizione che noi possiamo vincere nel mondo globale – sottolinea ancora Raimondo – è quella sulla qualità e tutti sappiamo che la nostra qualità ha dei costi. I soci del Consorzio di Tutela hanno già avviato un dialogo serrato, soprattutto con la grande distribuzione organizzata, e nello spirito di collaborazione si sta tentando di non far ricadere sui consumatori finali gli aumenti. Siamo consapevoli che si tratta di una sfida difficile, ma il nostro impegno e la nostra disponibilità sono totali su questo punto. Chiediamo però che ci sia una vera apertura da parte degli altri stakeholder della filiera. Il rischio, altrimenti, è non solo di vedere vanificati i risultati fin qui raggiunti, ma anche vedere aziende che saranno costrette a chiudere“.