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Benevento – Cgil, Libera e Liceo Guacci hanno organizzato una marcia contro la violenza di genere. La manifestazione è partita da piazza Castello e si è quindi spostata lungo viale Atlantici, via Tonina Ferrelli per poi soffermarsi in via De Caro, in prossimità della panchina rossa, il simbolo, cioè, della lotta alla violenza contro le donne. La manifestazione ha riproposto con forza temi e problemi che, nonostante gli appelli, gli interventi, i talk show televisivi, si ritrovano puntualmente nelle cronache nere in ogni angolo del Paese, anche nel giorno dell’8 marzo. Le donne vittime di femminicidio e di soprusi di ogni genere hanno detto ancora una volta “no”, ma le manifestazioni non sembrano creare un sostanziale cambiamento nella realtà del Paese. Mentre ancora perdurano gli echi del folle gesto di un uomo che a Pontecagnano Faiano ha ucciso la sua ex e tentato di uccidere un’altra persona, la marcia di oggi della Cgil, di Libera e del Guacci ha voluto ancora una volta lanciare un appello contro lo stillicidio di soprusi che troppe donne di ogni estrazione e condizione sociale vivono quotidianamente. Un impegno a dire “basta” e affermare la netta contrarietà all’ingiustizia ai danni delle donne.

L’otto marzo tutto l’anno“: era questa la scritta sullo striscione che ha aperto il corteo. Antonella Rubbo della segreteria provinciale della Cgil ha sottolineato: “La panchina rossa è il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. Ci troviamo oggi in un paese in cui sono presenti disuguaglianze reddituali e occupazionali. Bisogna affrontarle in maniera seria. La parità di genere è un problema economico sociale ma è soprattutto un problema di educazione e di rispetto”.

L’Associazione Libera con il referente Michele Martino ha voluto ribadire che la società civile deve ribellarsi alle mafie, ma anche alla violenza di genere che si manifesta in vari modi: “E’ vergognosa la disparità salariale tra l’uomo e la donna. In un paese democratico libero e civilmente avanzato non è ammissibile. Se pensiamo che per le donne, per avere un contributo intellettuale nella politica, si è stati costretti di istituire le quota rosa. Lo ritengo vergognoso soprattutto per noi uomini”.

Il pomeriggio di oggi è stata anche l’occasione per ricordare il dramma del disagio giovanile e della mancanza di lavoro.

I manifestanti hanno voluto però rivolgere anche un pensiero a tutte le donne ucraine per la guerra che le ha travolte costringendole a lasciare di punto in bianco il proprio Paese e salutare figli e mariti che, forse non vedranno mai più, perché chiamati a difendere con le armi l’Ucraina. 

Infine, il pensiero commosso e grato è andato ad alcune donne: Lea Garofano vittima della ‘ndrangheta, Silvia Ruotolo, vittima della camorra, Felicia Bartolotta, vedova Impastato, uno dei nomi della lotta alla mafia: con loro sono state ricordate tutte le donne vittima della crudeltà mafiosa.