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Napoli – “Lo chiedo alle persone perbene che abitano qui, due anni fa mio figlio ha sbagliato ma è stato ucciso, se avete visto cosa è accaduto è il momento di raccontarlo, anche in forma anonima”. E’ l’appello di Vincenzo Russo, il papà di Ugo, il baby rapinatore ucciso due anni fa a via Orsini, a Napoli, a due passi dal mare di Santa Lucia, da un carabiniere in borghese che reagì al tentativo di rapina. Una morte che non ha ancora portato all’inizio di un processo e in ricordo della quale alcune centinaia di manifestanti si sono ritrovati oggi a Napoli. Prima a Largo Berlinguer e poi di lì in marcia fino al luogo della morte del 15enne, in via Orsini. Ed è stato qui che ha preso il megafono il papà di Ugo Russo.

Siamo di nuovo in piazza – ha detto Vincenzo Russo – perché vogliamo la verità su quella sera, capire se mio figlio poteva essere messo a confronto con l’errore che stava commettendo e scontare una pena senza essere ucciso. Non vogliamo essere contro qualcuno ma sapere la verità. Se un quindicenne commette un errore ma l’altra persona non sta più in pericolo, basta, si deve arrestare non sparare. Questa persona non si doveva difendere, noi sappiamo che non si è difeso. Poi sarà la giustizia a dirci come è andata”. Insieme a Russo tanti attivisti, tanti giovani che hanno appreso la storia del 15nne e hanno deciso di spingere per capire la verità in un’inchiesta che è ancora in corso:

I nostri legali – spiega Russo – ci dicono di avere pazienza, che la Procura sta facendo il suo lavoro per capire quello che è successo davvero quella sera“.

Ai manifestanti si è unito anche Zerocalcare, il fumettista romano che ha approfondito la storia di Ugo Russo e ha dedicato a lui un fumetto che stasera è stato appeso al muro nel luogo della morte del giovane.

Un fumetto – racconta unendosi al corteo – che ho fatto per cercare di smuovere le acque e accertare la verità sull’omicidio di Russo. In una città in cui la storia ci parla di Davide Bifolco, Luigi Cajafa e ora Russo, storie che hanno una specificità napoletana. Lo abbiamo visto in questo periodo anche nella rivolta in carcere a Santa Maria Capua Vetere, durante il Covid, venuta fuori nei video in cui i detenuti venivano picchiati. Ma anche i casi di Cucchi, Aldrovandi e tanti altri ci parlano di un Paese in cui gli abusi in divisa esistono e sono difficili da far emergere perché subito dopo vengono fuori lungaggini, opacità che fanno diventare difficile la verità di queste cose“.

In corteo sfilano fino alla fine i genitori di Ugo Russo alla ricerca della verità: “Dopo questi questi due anni – spiega papà Vincenzo – non ho più niente dentro, abbiamo altri figli e viviamo per questo, ma io e mia moglie ci siamo spenti quella sera insieme con nostro figlio. Oggi siamo qui perché la nostra battaglia resta, come è successo a mio figlio può succedere ad altri, come è successo già ad esempio a Davide Bifolco, scambiato per qualcun altro dalle forze dell’ordine e ucciso. Io oggi – conclude – sento la vicinanza di una parte di Napoli e meno male che ci sono queste persone che ci danno tanta forza moralmente e psicologicamente”.