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NAPOLI – Gli unici a non votare a favore dell’ordine del giorno del consiglio comunale che dà mandato al sindaco Manfredi di portare a termine la missione Salva-Napoli con la sottoscrizione del Patto con il governo Draghi al fine di avere i (quasi) 1,3 miliardi di euro sono stati Antonio Bassolino e Alessandra Clemente.
 
“Il testo presentato dalla maggioranza lo ritengo un errore politico – ha detto in aula l’ex sindaco – Del resto, non ce n’era alcun bisogno: abbiamo ascoltato la relazione dell’assessore Baretta, abbiamo avviato una discussione, ognuno ha cercato di portare il proprio contributo, sono noti i punti da migliorare ulteriormente, il sindaco è il sindaco. Ora perchè stringere il tutto dentro una cosa di maggioranza? Le minoranze cosa dovrebbero fare? Votare contro?”
 
A nulla è valsa la precisazione di Walter Savarese, presidente della commissione bilancio, secondo la quale l’ordine del giorno era stato partorito unitariamente in commissione assieme alla minoranza di centrodestra, tant’è che, a quelle latitudini, ha raccolto anche in aula un voto unanime.
 
E’ stato inevitabile, quindi, quando il sindaco Manfredi ha chiuso la discussione, che molte parole suonassero proprio in riferimento ai due rappresentanti del centrosinistra che fu: quello di Bassolino, appunto. E quello di De Magistris, di cui la Clemente è stata rappresentante di punta.
 
“Io credo che oggi si celebri un successo della città, non di Gaetano Manfredi o dell’assessore Pier Paolo Baretta – ha specificato il sindaco bacchettando quello che evidentemente ai suoi occhi erano sembrati sterili distinguo – Napoli era in dissesto, un disastro. La Corte dei Conti aspettava solo il momento per certificarlo: questo è il dato di fatto incontrovertibile da cui siamo partiti. Il dissesto avrebbe significato che i creditori non sarebbero stati pagati, che le partecipate sarebbero state messe in liquidazione, il che si sarebbe dovuto spiegare ai lavoratori, e che il nostro patrimonio immobiliare avrebbe continuato ad essere svenduto”.
 
Quindi le stoccate: “Il Patto per Napoli è stato un risultato molto faticoso perchè il Comune aveva perso ogni credibilità con le istituzioni centrali: negli ultimi 10 anni, aveva preso una marea di impegni che non ha rispettato. Tant’è che me ne sono vergognato quando me l’hanno rinfacciato”. Inutile ricordare chegli ultimi dieci anni sono stati quelli all’insegna del duo De Magitris-Clemente.
 
“Ora, in ogni caso – ha spiegato Manfredi – si apre un’altra pagina, all’insegna della responsabilità. Con la firma dell’accordo col Governo, non abbiamo certo risolto tutti i problemi di Napoli ma di certo questo non è nemmeno un piano tutto lacrime e sangue. Il contrario: è un piano di investimento sulla città, mirato a migliorare la qualità di vita dei napoletani. Perchè il miliardo e 3 che si dà lo Stato per risanare il nostro debito è a fondo perduto e anche quello che dovremo metterci di volta in volta noi andrà a ripianare il nostro bilancio, non sarà da restituire a Roma. Tutto il resto, poi, andrà ad essere investito per servizi, strade, manutenzione del patrimonio. E sappiamo tutti quanto questo sarebbe importante dopo che per anni, alle rispettive voci di bilancio, c’è stato zero. Anche sulle partecipate, il Patto non ci impone di spendere di meno, ma di efficientare”. 
 
“Oggi, quindi, se siamo arrivati a questo risultato, è stato anche grazie alla compattezza che ha dimostrato l’intero consiglio comunale, a una coesione politica percepita anche a Roma”, è stata la punzecchiatura che è arrivata anche a Bassolino che, in effetti, oggi appare sempre più isolato dal punto di vista politico anche in proiezione romana.
 
E ancora alla Clemente che si lamentava di non avere in mano documenti precisi per le alienazioni degli immobili: “Non c’è alcuna lista delle cose da vendere, anche perché la lista è quasi la stessa di dieci anni fa, quando furono inserite anche cose che in realtà non si potevano vendere…”
 
“Il tempo delle favole è finito – ha sentenziato Manfredi – governare aumentando il debito vuol dire fare disastri”.
 
“Poi, è vero – ha concluso il primo cittadino – c’è un punto politico a cui non sfuggo e per il quale ho già avviato un confronto anche con gli altri sindaci. Ed è quello dei trasferimenti dal livello centrale alle grandi città. Ma ora – ha concluso con tono determinato Manfredi – non ci sediamo più al tavolo col cappello in mano: lo facciamo con l’atteggiamento di chi si è assunto la responsabilità di un risanamento credibile, serio, che rispetteremo. Non arriverà alcun commissariamento, non ci sarà alcuna Troika, siamo solo chiamati ad amministrare bene, con i fatti: non con le chiacchiere. E questo dibattito sul Patto, svoltosi nelle commissioni e qui in consiglio, dimostra che abbiamo le qualità per farlo. Assieme, sebbene ognuno partendo dalla propria sensibilità: con un confronto vero. Napoli è in grado di esprimere una classe dirigente che sa amministrare. L’Italia ha bisogno di noi e noi saremo all’altezza per un vero momento di rilancio”.