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NAPOLI – Paradossalmente, la riforma della giustizia che mette in maniera più forte i paletti per impedire le cosiddette porte girevoli ai magistrati un giorno con la toga un giorno in politica rischia anche di mantenere irrisolti i casi più eclatanti.

Anzi, il caso più eclatante: quello di Catello Maresca essendo, addirittura contemporaneamente, consigliere comunale a Napoli (leader dell’opposizione da candidato sindaco sconfitto) e giudice di Corte d’Appello a Campobasso.

Martedì a mezzogiorno, quando la Ministra Marta Cartabia arriverà in Commissione giustizia della Camera e distribuirà la bozza della riforma approvata ieri in Consiglio dei Ministri, saranno in molti a precipitarsi a chiederle se ha previsto una norma ad hoc per chi, ad oggi, è nella posizione che la riforma vuole cancellare per sempre: quella di magistrato e politico nello stesso momento.

La risposta, qui il paradosso, non è scontata perchè, si fa presente in ambito parlamentare, si scontrano due interessi legittimi.

Il primo è quello di porre fine immediatamente ad una situazione che si mette fuori legge. Ad una situazione che non è cristallizzata nel passato, ma continuerebbe ad essere, per di più. Come sarebbe se Maresca continuasse ad essere politico e giudice contemporaneamente.

Il secondo interesse da mettere sul piatto della bilancia per non incorrere in ricorsi, però, è altrettanto presto detto: all’epoca della scelta di Maresca di continuare ad essere politico e magistrato contemporaneamente, essa non era proibita. Solo ora la riforma cambia le regole del gioco: e fino a che punto può essere accettata? 

Ci sarà una sorta di sanatoria? Sarà previsto un periodo per mettersi in regola?

Queste sono le domande che girano nelle stanze della politica romana.

Ma tant’è: di casi Maresca, se la riforma Draghi-Cartabia va in porto, non ce ne saranno più.

Secondo il testo licenziato a Palazzo Chigi, sarà vietato esercitare contemporaneamente funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi o di governo. Inoltre, i magistrati non potranno candidarsi nella regione in cui si trova l’ufficio giudiziario dove hanno prestato servizio negli ultimi 3 anni (Maresca l’ha fatto addirittura nella stessa città passando da un ruolo all’altro nel giro di 24 ore).

Ancora. I magistrati che avranno ricevuto incarichi elettivi o di governo non potranno più indossare la toga: saranno collocati fuori ruolo al ministero. E nel caso in cui a una candidatura in politica non sarà succeduta una elezione, dovranno attendere 3 anni prima di tornare in servizio.

La forzatura del caso-Maresca è una volta di più evidente e fortissima.

Tanto più che non sembra ancora intenzionato a fare lui una prima mossa: per ora, si è trincerato dietro al silenzio riguardo il suo destino.

E’ tifosissimo del Napoli e, almeno per oggi, il suo limite temporale è segnato dai novanta minuti della sfida-Scudetto con l’Inter.