Tempo di lettura: 4 minuti

“Il dibattimento nelle udienze penali in presenza, in tempi di emergenza sanitaria, quale principio di tutela dei diritti di difesa e garanzia dei cittadini”. Lo sostiene l’avvocato cassazionista e componente della Camera Penale di Salerno, Leopoldo Catena, che in una riflessione rivolta agli esperti del diritto, del settore giustizia e ai cittadini, spiega le motivazioni per le quali -“l’azione sinergica delle Camere Penali per l’applicazione del giusto processo a tutela dell’imputato costituisce espressione di un corretto esercizio del mandato defensionale”. È proprio il settore giustizia, il suo funzionamento e le relative riforme, che da sempre sono al centro dei dibattiti pubblici politici e istituzionali che guarda al futuro del Paese, che l’avvocato Catena interviene con una riflessione che vi riportiamo di seguito.

L’APPROFONDIMENTO.
A cura dell’avvocato Leopoldo Catena- Camera Penale Salerno.
“Un processo giusto, soprattutto un processo penale giusto, è una conquista di civiltà, quale che sia la spinta ideologica che muove il legislatore in quel particolare momento storico. Perché un paese che non abbia un processo giusto, un processo penale giusto, non è un paese democratico”.
Andrea Antonio Dalia, in Angelo Pennisi, Verso un nuovo processo penale, 2008.
La pubblicità è una delle garanzie imprescindibili del processo penale, principio riconosciuto come pilastro in un sistema accusatorio, il cui dibattimento è connotato dal contraddittorio tra l’accusa e difesa, dalla immediatezza ed oralità nella formazione delle prove e dalla presenza di un giudice terzo ed imparziale.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riconosce che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente ed imparziale”, suggerendo che la sentenza debba essere resa pubblicamente e che l’accesso all’aula di udienza può essere vietato alla stampa ed al pubblico solo nell’interesse della morale e dell’ordine pubblico, della sicurezza nazionale, quando lo esigano gli interessi dei minori, la protezione della vita privata, oppure quando la pubblicità del processo possa ledere l’interesse della giustizia.
In tale ottica, la pubblicità del processo diventa un vero e proprio baluardo di civiltà giuridica a tutela dell’indagato contro una giustizia segreta, sottratta al controllo del pubblico.
Il dibattimento, dunque, deve essere considerato come il mezzo per realizzare la trasparenza nell’amministrazione della Giustizia, la quale viene, vieppiù , garantita dalla percezione da parte dell’indagato e della collettività di un Giudice che sia indipendente ed imparziale.
Cesare Beccaria affermava: “…pubblici devono essere i giudizi, nonché pubbliche le prove del reato, perché l’opinione, che forse è il solo cemento della società imponga un limite a chi governa, in quanto il segreto è il più grande scudo della tirannia”.
Per cui una chiusura indiscriminata dell’aula penale (anche se giustificata dalla emergenza sanitaria che stiamo vivendo) stride ed è in contrasto totale con tutti i principi della liturgica celebrazione di un processo equo.
Cuore del dibattimento è il contraddittorio, principio figlio del dialogo socratico ed opposto al dogmatismo puro, dialogo che diventa linfa vitale per una società democratica.
Pertanto, l’udienza dibattimentale con le sue peculiarità, come la cross-examination, non può essere celebrata da remoto, perché ciò andrebbe a sminuire tutte le caratteristiche tipiche del momento più intimo del processo penale, quali le atmosfere e le suggestioni che si possono cogliere solo nell’udienza in presenza (espressioni visive, sguardi e codici semantici che rasentano la semiotica, da decrittare con l’ausilio dell’ intuito e della perspicacia del difensore), oltre che verrebbe a mancare il contatto diretto dell’imputato con il proprio difensore fonte di consultazione immediata ed efficace.
In un tale contesto il progresso scientifico e tecnologico potrebbe essere inteso soltanto come ausilio per i mezzi di trasmissione degli atti oppure per agevolare l’audizione di un imputato detenuto evitando la traduzione di un soggetto “in vinculis” oppure, come già da tempo avviene, con la videoconferenza per i collaboratori di giustizia detenuti e/o comunque auditi in luoghi segreti a tutela della loro incolumità.
Solo un impegno continuo e costante da parte delle Camere Penali Italiane, autentico baluardo a difesa dei diritti del cittadino, ha impedito che tali principi potessero essere travolti da una deriva tecnologica che avrebbe leso irrimediabilmente i principi cardine del giusto processo, del dibattimento, e quindi della raccolta e della valutazione e dell’analisi delle prove in contraddittorio.
Battersi per questi diritti e garantire, nonostante l’attuale situazione emergenziale, l’applicazione del giusto processo a tutela dell’imputato costituisce espressione di un corretto esercizio del mandato defensionale.