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Si è concluso con due condanne, a 19 e 4 anni di carcere, il processo per l’omicidio di Vincenzo Iannone, il pusher di 43 anni ucciso e dato alle fiamme nell’estate del 2023 a Marano di Napoli, secondo quanto emerso dal processo, per debiti di droga.
Diciannove anni di carcere sono stati inflitti dalla Corte di Assise di Napoli (terza sezione, presidente Napoletano) all’esecutore materiale dell’assassinio, a Vittorio Principe (difeso dall’avvocato Giovanna Cacciapuoti) per il quale la Dda aveva chiesto 30 anni.
Sono cadute le aggravanti dei motivi abietti e futili – spiega l’avvocato Cacciapuoti – del metodo mafioso e riconosciuta la diminuente del rito abbreviato, inizialmente negato proprio per i motivi abietti e futili che contemplavano l’ergastolo. Tutto questo ha portato alla più lieve condanna a 19 anni”.
Durante il dibattimento è emerso che il movente dell’assassinio non era da ricondurre a un piccolo debito di una quarantina di euro ma al culmine di uno scontro risalente a diversi giorni prima dell’omicidio originato dal fatto che Iannone si sentiva preso in giro da Principe il quale acquistava droga da lui senza pagarla.
Quattro anni di carcere invece per Sabatino Sorrentino, colui che avrebbe aiutato Principe a dare fuoco e occultare il cadavere.
Le parti civili sono state rappresentate dall’avvocato Rosario Pezzella, Maria Luisa D’Alterio ha invece difeso Sorrentino.