Schiamazzi della movida al Centro Storico, accolto il reclamo dei baretti di vico Quercia. L’ordinanza della IV sezione civile del Tribunale di Napoli (presidente Roberta Di Clemente, giudici a latere Barbara Tango e Biancamaria Pisciotta) annulla in parte il provvedimento cautelare della stessa sezione, emesso a gennaio dal giudice Ettore Pastore Alinante. La precedente pronuncia ordinava agli esercizi di predisporre un servizio di vigilanza privata, per limitare i comportamenti più rumorosi degli avventori; posizionare supporti antirumore ai piedi dei tavoli e delle sedie; non eseguire operazioni di vendita e scarico o movimentazione di contenitori in vetro oltre le ore 23. Allo stesso tempo, imponeva al Comune di Napoli di adottare tutte le misure necessarie a riportare le immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità. E quest’ultima è l’unica disposizione non riformata dal tribunale, pertanto rimasta in piedi. Palazzo San Giacomo si è costituito in giudizio chiedendo, comunque, la conferma dell’ordinanza impugnata, ma con “vittoria di spese di lite”. Però la camera di consiglio del 2 aprile scorso ha cambiato lo scenario, aperto dal ricorso di alcuni residenti e del Comitato Vivibiltà Cittadina.
“I ricorrenti (…) – si legge nelle motivazioni – non hanno adeguatamente allegato, prima ancora che provato, la ricorrenza, per ciascuno degli stessi, del pericolo di danno alla salute derivante dalle lamentate immissioni acustiche addebitate all’attività posta in essere dai locali”. In altri termini, i residenti non hanno “provato il concreto e attuale pericolo di danno per la salute di ciascuno degli stessi”. Stando alla decisione, “non vi sono atti certificati medici che attestino che i ricorrenti, da quando sono iniziate le denunciate immissioni, abbiano subìto un peggioramento delle loro condizioni di salute”. Né la prova espletata nel giudizio di primo grado “ha fatto emergere il benché minimo elemento da cui poter anche solo ipotizzare il pericolo di un danno imminente e prossimo alla salute“, o “un’alterazione significativa dello stile di vita di ciascuno di essi”. Di “scarso valore” sono considerate le dichiarazioni dei testi degli attori. Per il collegio non hanno “riferito nulla in merito alle specifiche condizioni di salute, di stress o all’alterazione della vita familiare di ciascuno dei ricorrenti a causa delle immissioni“.
Il collegio nega pure l’esistenza di un altro requisito dell ricorso d’urgenza, il periculum in mora. Ossia il pericolo di un pregiudizio irrimediabile, causato al ricorrente dal ritardo nel provvedere del tribunale. In generale, il presupposto è reputato “insussistente in caso di tardiva proposizione della domanda cautelare”. Nel caso di specie “è emerso dagli atti di causa che il rilascio di ben 35 autorizzazioni per l’apertura di locali commerciali e altrettante occupazioni di suolo pubblico risale al 2020“. Un’epoca in cui, “gli originari ricorrenti già risiedevano tra Vico Quercia e Via Cisterna dell’Olio“. Per il collegio “dunque, le immissioni di cui si lamentano i ricorrenti” hanno “avuto inizio, con ogni probabilità, all’incirca 4 anni fa”. Vale a dire: dall’agosto del 2020 all’aprile 2024 – momento di presentazione del ricorso – i residenti “nessuna azione giudiziaria hanno mai intrapreso a tutela dei propri diritti”. Viceversa si sono “limitati solo a firmare la petizione del 26/10/2023 nonché a presentare l’esposto del 16/05/2023“. E il ricorso non ha dedotto “fatti nuovi”, in quei 4 anni, “che abbiano determinato un diverso pregiudizio imminente e irreparabile o quanto meno che abbiano aggravato la situazione”.
Rabbia e amarezza dal Comitato Vivibilità Cittadina, il cui vicepresidente Giovanni Citarella parla di “grave passo indietro nella tutela della salute dei cittadini”, esprimendo “piena solidarietà” alle 70 famiglie residenti. A detta del comitato, questo “smentisce oltre dieci anni di giurisprudenza sulla materia della medesima sezione del Tribunale di Napoli, affermando che l’esposizione a immissioni acustiche intollerabili — pur accertata e superiore ai limiti di legge — non è sufficiente a dimostrare un danno grave alla salute”. Si ricordano le “numerose pronunce di Tribunali e Corti di Appello del Nord Italia, in contesti con minori criticità ambientali rispetto a Napoli”, le quali “hanno sempre ribadito e ribadiscono l’urgenza di intervenire per fermare le lesioni al diritto alla salute derivanti da rumori notturni molesti”. Una posizione “tanto più sorprendente considerando che lo stesso Comune di Napoli non aveva impugnato il provvedimento originario, riconoscendone la fondatezza”. Ai ricorrenti ora resta la strada del procedimento di merito, tuttavia non breve.