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Aiutatemi, devo sottopormi alle cure ma sono bloccato nel mio appartamento”. È l’appello disperato, che fa dal suo letto di casa dove è bloccato ormai da mesi, il sacerdote e padre vocazionista cilentano di 86 anni, Padre Michele Vassallo, che vive al secondo piano di un palazzo di Eboli. Il motivo? “L’ascensore che è stato aggiustato ed installato nel palazzo circa un mese fa non è funzionante perché non è stato fatto il collaudo – spiega il sacerdote, che aggiunge – non si conoscono i tempi entro i quali verrà fatto il collaudo da parte della ditta installatrice e nel frattempo, io non posso più camminare perché a causa di una grave malattia invalidante vivo da mesi tra il letto e la sedia a rotelle”.

Bloccato in casa, prigioniero del suo stesso appartamento, il sacerdote vocazionista originario di Pollica e residente da anni nella Piana del Sele, guida spirituale di riferimento della Chiesa cattolica e conosciuto in tutto il mondo per la sua opera di evangelizzazione e per la sua presidenza, ora vicepresidenza, a capo dell’associazione internazionale Rinnovamento Carismatico Servi di Cristo Vivo di Diritto Pontificio, chiede l’intervento dei servizi sociali. Problemi di salute quelli dell’anziano sacerdote che negli ultimi mesi lo costringono a continui ricoveri ospedalieri dove viene sottoposto a cure e sedute di chemioterapia tanto che le scale dell’appartamento in cui vive sito al secondo piano della zona residenziale del comune ebolitano, sono diventate ormai barriere architettoniche. Una situazione che ha fatto attivare in poco tempo anche il condominio per installare un ascensore per tutti i residenti del palazzo. Ascensore che però, nonostante sia stata montata da qualche mese, ancora non funziona, costringendo il sacerdote disabile, assistito dai parenti, a restare bloccato in casa e a dover rivolgersi al servizio sanitario privato di ambulanze per poter uscire dal suo appartamento e recarsi in ospedale. “Non potendo uscire di casa dove sono prigioniero – spiega padre Vassallo – ho dovuto interrompere sia le funzioni religiose che rinunciare a parte delle cure sanitarie. È un incubo la difficoltà che sto vivendo, poiché oltre alla mia disabilità dovuta alla malattia, sono ormai prigioniero della mia casa. Poi – la richiesta alle Istituzioni – intervenite perché non posso vivere in queste condizioni che privano la mia dignità di persona ammalata”.