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Il Tribunale casertano di Santa Maria Capua Vetere ha ammesso la costituzione di parte civile dell’associazione Sos impresa – Rete per la Legalità Campania Aps, nel processo contro due imputati di tentata estorsione, tra cui l’esponente del clan dei Casalesi Giovanni Diana, 64 anni, attualmente detenuto e con condanne definitive per estorsione. L’associazione, rappresentata dall’avvocato Gianluca Giordano, ha affiancato la vittima, la cui denuncia ha permesso da un lato di fermare la condotta di Diana, che per questi fatti è stato raggiunto qualche anno fa dalla misura cautelare del divieto di dimora, e di arrivare poi al processo. Secondo quanto denunciato e poi riscontrato dagli inquirenti, la vicenda, datata novembre 2021, ruota attorno alla vendita di un terreno ubicato a Francolise, cui Diana, ritenuto capozona in quell’area per conto del clan dei Casalesi, si oppose perché quella terra la voleva lui e per pochi soldi, tanto da incaricare il suo complice Domenico Galdiero, anch’egli sotto processo, di andare a prendere il venditore e portarlo alla sua presenza in un luogo isolato di campagna, dove lo minacciò perché non vendesse. “Lo voglio questo piacere, ci dovete dare la terra… per un poco di soldi” gli intimò Diana, tanto che la vittima scoppiò in lacrime. Dopo il fatto però il venditore informò di quanto accaduto l’acquirente, che decise di denunciare a forze dell’ordine e magistratura. Alla fine, dopo un anno, la compravendita tra le due parti iniziali è stata formalizzata, mentre le indagini sono andate avanti e ne è scaturito il processo: nel frattempo, nell’ottobre scorso, Giovanni Diana è stato arrestato perché coinvolto nell’indagine della Dda di Napoli sulla ricostituzione del clan da parte del boss Antonio Mezzero. Per Luigi Cuomo, presidente di Sos impresa, “essere parte civile in questo processo significa portare in aula non solo le ragioni della vittima, ma anche quelle dell’intera comunità, danneggiata dall’arroganza criminale e dall’imposizione del pizzo. L’estorsione non è solo un reato contro l’imprenditore che la subisce, ma un attacco al tessuto economico e sociale di un territorio. Denunciare è un atto di coraggio, ma anche un passo verso la libertà”. L’avvocato Gianluca Giordano, sottolinea che “la decisione del Tribunale di ammettere la nostra costituzione di parte civile rafforza il principio per cui il racket è un crimine che colpisce l’intera società. Questo processo è la dimostrazione che denunciare è possibile e che chi lo fa non deve affrontare da solo la pressione della criminalità organizzata. Il nostro obiettivo è dare voce alle vittime, accompagnandole in un percorso di liberazione dalla paura, con il supporto delle forze dell’ordine e delle istituzioni”.