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Attesi da dieci anni, durata annunciata di un anno, i lavori di riqualificazione a via Partenope sarebbero dovuti partire lunedì 3 febbraio. Il maltempo ha però rinviato di qualche giorno l’avvio del cantiere. Intanto, tra comitati, associazioni e ambientalisti napoletani è scattata la corsa a denunciare rischi e sollevare dubbi. Punti di vista differenti, talvolta antitetici. Ma comunque espressione di un approccio problematico, o non privo di riserve. E di questi tempi non è poco. Le preoccupazioni passano ai raggi X il progetto, approvato nel 2015, ma oggetto di vari rinvii. Nel tratto di lungomare tra piazza Vittoria ed i giardini del Molosiglio, il restauro prevede di dividere la strada in due sezioni, per consentire il passaggio dei mezzi di emergenza, dei camion dei rifiuti e dei fornitori. In programma ci sono il restyling dei marciapiedi, da ampliare rispetto ad oggi, e della carreggiata; aree verdi con alberi e piante aromatiche; nuove panchine ed aree sportive. E poi una nuova pista ciclabile, nuovi cassonetti per la raccolta differenziata; un pergolato con rose rampicanti nell’area della statua di Umberto I.

“Ci siamo opposti da anni al progetto” afferma Francesco Iannello, segretario delle Assise di Palazzo Marigliano. “C’è lo stravolgimento – spiega – di un unico asse viario che parte da Mergellina e arriva a via Acton. A dividerlo sono solo i toponimi diversi, ma è una strada monumentale che non andava toccata, ma solo restaurata”. Anni fa, le Assise hanno organizzato sul tema un convegno all’Istituto per gli studi filosofici. E secondo loro, c’è anche una questione di metodo. Si ricorda infatti la Convenzione di Aarhus sulla partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Un trattato internazionale, ratificato nel 2001 dall’Italia. Nel merito, per Iannello a via Partenope ci sarebbe “una violazione dei vincoli paesaggistici, purtroppo non rilevata dalla Soprintendenza”. E di “svolta sbagliata” parla l’ex consigliere comunale Carmine Attanasio. L’esponente ambientalista rivendica di essere stato, negli anni ’90, tra i promotori della pedonalizzazione del Lungomare. Ma ora non lo convince il progetto. “L’allargamento dei marciapiede a servizio dei ristoratori – sostiene – andrà inevitabilmente a rendere impercorribile un importantissimo asse viario di fuga in caso di calamità naturale e soprattutto oggi davanti agli allarmi che ci sono nell’Area Flegrea“. Attanasio paventa “responsabilità di quello che potrebbe accadere”, per gli amministratori “che restringono le vie di fuga”, perché “avvisati”. Fosse per lui, anzi, i marciapiedi “andrebbero eliminati”. Perplessità giungono pure da Franco Di Mauro delle rete sociale No Box – Diritto alla città. “Vuoi intervenire sull’arredo urbano per fare cosa – chiede -, dare spazi alla popolazione, migliorare la vivibilità, o fare spazio a dehors e tavolini?“. Secondo Di Mauro “il problema è sempre l’utilizzo del suolo per realizzare i profitti“, e non ci sarebbe “di fatto una scelta legata alla qualità della vita, ma sempre condizionata al fatto di garantire spazi a chi deve fare attività commerciali”.

Enzo Russo, urbanista del Wwf, premette: “Le opere si fanno per realizzare una visione, se sono fini a se stesse solo per trasportare persone, è un ragionamento diverso, di tipo economico, non di tipo strategico”. Dalla considerazione  emerge una critica alle politiche attuali di Palazzo San Giacomo, in materia urbanistica e viaria. E comunque le “perplessità non devono essere relative al progetto, ma alle modalità gestionali che saranno messe in campo”. Fino al 2015, Russo ha coordinato gli interventi dell’assessorato alla mobilità del Comune di Napoli. Ricorda che “quando seguii il progetto, mettemmo un vincolo sui tavolini”. In sostanza, “se si fossero messi, lo si sarebbe potuto fare solo dal lato interno, non dal lato mare, garantendo un passaggio di 2.50/3 metri rispetto al filo degli edifici”. L’urbanista sottolinea che “l’obiettivo primario di questa città è recuperare il rapporto con il mare, percettivo e fisico“. Quindi “ben vengano tutti gli interventi per far tornare Napoli una città di mare”. Ma poi “è l’amministrazione che deve gestire il fenomeno”. Quanto ai dehors, “è chiaro che occupano spazio pubblico e devono essere eliminati, o si deve tornare alla normativa pre Covid“, varata a sostegno della ripresa del commercio. E rammentando come la pandemia sia “passata da 4 anni”. Non favorevole all’intervento su via Partenope è il comitato civico di Portosalvo. “Noi – spiega il presidente Antonio Parianteci siamo opposti a questo progetto già da tempo perché riteniamo che questo restyling sia inutile e costoso”. Inoltre, “tradisce e àltera l’identità e l’originalità di uno dei luoghi più iconici della città di Napoli“. Nel mirino del comitato finisce “una pavimentazione lapidea come quella “etnea” assolutamente estranea alle nostre caratteristiche”, oltretutto imputata di essersi “rivelata disastrosamente fragile e inadatta“. Insomma, Pariante teme “anche a livello estetico un vero “pasticcio vulcanico” sotto i nostri piedi”. Vedremo il risultato finale.

(Foto rendering Comune di Napoli)