Grande adduzione idrica, la Regione Campania non arretra sulla privatizzazione. Non subirà modifiche lo statuto della Grandi Reti Idriche Campane S.p.A. Ovvero la costituenda società mista pubblico/privata, a maggioranza di partecipazione pubblica, varata dalla giunta De Luca a luglio scorso. Una blindatura emersa dopo la consultazione pubblica preventiva, prevista dalla legge. È una procedura riservata alle osservazioni di cittadini, imprese, associazioni. E che precede la discussione in Consiglio regionale. A chiarirlo è una delibera di giunta del 21 novembre, in procinto di approdare in commissione. L’atto richiama la delibera del 25 luglio, relativa alla gestione della Grande adduzione primaria. Si tratta del passaggio dell’acqua dal punto di prelievo ai serbatoi, prima dell’immissione nella rete di distribuzione. Uno snodo ritenuto fondamentale.
Contro la scelta di Palazzo Santa Lucia, da tempo sono mobilitati i comitati per l’acqua pubblica. Ma con l’ultima delibera, la giunta conferma la decisione. Su 11 osservazioni pervenute, la Direzione Generale per il Ciclo Integrato delle acque e dei rifiuti ne ha proposto l’accoglimento di una sola. Peraltro, essa “non riveste carattere sostanziale”, e non determina “variazioni sostanziali”. A proporla è stato l’Ente Idrico Campano, cui aderiscono obbligatoriamente tutti i Comuni della regione. Comporterà una modifica della perimetrazione delle infrastrutture del sistema. “L’Ente Idrico Campano – Distretto di Napoli Nord – si legge nell’atto della giunta – ha trasmesso osservazioni con le quali, sulla base di motivazioni tecniche, amministrative ed economico-finanziarie addotte, ha ritenuto “ … che tutte le grandi condotte provenienti dai serbatoi di testa (S. Prisco, S. Clemente e S. Felice a Cancello) dovrebbero appartenere al Sistema della Grande Adduzione fino ai manufatti di consegna all’ultimo Distretto alimentato”. L’ampliamento riguarderà sia le grandi condotte in partenza dai serbatoi di testa, sia le centrali di Melito e Mugnano.
A inviare osservazioni, tra gli altri, sono stati i comuni avellinesi di Montemarano e Cassano Irpino, la spa Acquedotto Pugliese. E le associazioni Italia Nostra Campania, Cittadinanzattiva Campania, Istituto Italiano per gli Studi delle Politiche Ambientali. “Nonostante si vada in piazza a pubblicizzare la gestione pubblicistica dell’acqua – dice la consigliera regionale indipendente Maria Muscarà – , anche alla Regione Campania si è determinata la stessa scelta fatta dal governo Conte 1, quando decisero che l’ex Eipli doveva diventare una società per azioni”. Vale a dire, la Acque del Sud spa, operativa dal 1 gennaio di ques’tanno. La società ha sostiuito il soppresso Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia. All’Eipli il processo di liquidazione è cominciato nel 2011 col governo Monti, passando per i successivi esecutivi. Acque del Sud ha un capitale di 5 milioni di euro, detenuto dal Mef. Lo Stato potrà cedere fino al 30% ai privati, indicati come soci operativi. “Adesso – aggiunge Muscarà – mi aspetto dai 5 stelle in consiglio regionale un emendamento sulla spa della Regione, affinché resti pubblica: sarebbe risibile”.