Era l’alba del 30 luglio scorso quando i Carabinieri del Comando provinciale di Benevento, in esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della DDA di Napoli, traevano in arresto Raffaele Abate (Avvocati Valeria Verrusio e Francesco Pagnozzi), con l’accusa di essere il mandante di una tentata estorsione camorristica perpetrata nel comune di Pannarano.
L’inchiesta, che a febbraio aveva già portato all’arresto di un altro pregiudicato presunto esecutore materiale del tentativo di estorsione, nasceva dalla denuncia del titolare di un’impresa edile casertana impegnata nei lavori di ristrutturazione dell’impianto sportivo di Pannarano per un valore di circa 700mila euro. L’imprenditore aveva raccontato di essere stato minacciato da più soggetti della malavita locale e anche con l’uso di una pistola che gli era stata puntata contro. Addebiti che l’interessato aveva respinto durante l’interrogatorio di garanzia ma che al Gip partenopeo non erano sembrati sufficienti.
L’inchiesta ha subito, adesso, un primo clamoroso colpo di scena. La seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, accolto il ricorso presentato dall’avvocato Valeria Verrusio, annullando l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronto di Abate e disposto un nuovo giudizio dinanzi ad altra sezione del Tribunale del Riesame. Le motivazioni che hanno portato la Suprema Corte a condividere il sapiente lavoro difensivo riguardano principalmente l’erronea valutazione, da parte del Gip prima e del Riesame poi, delle dichiarazioni accusatorie rese nel corso delle indagini dal coimputato dell’Abate.
Ora, dunque, è tutto da rifare atteso che l’annullamento riguarda proprio la gravità indiziaria. Inoltre, la decisione assunta dai giudici capitolini potrebbe incidere anche sul giudizio di merito pendente innanzi al Tribunale di Benevento e fornire una diversa chiave di lettura dell’intera vicenda.