All’esito di una complessa attività investigativa, svolta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta coordinato da questa Procura, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha disposto nei confronti di cinque soggetti l’applicazione di altrettante ordinanze cautelari per essersi resi responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio. Contestualmente è stato, altresì, reso attuativo un sequestro, anche nella forma per equivalente, di beni per un valore di circa 20 milioni per lo più costituiti da 25 beni immobili, siti sull’intero territorio nazionale, ed in particolare nelle regioni della Puglia, del Lazio, della Toscana, della Lombardia e della Sicilia, nonché da numerose autovetture, anche storiche e di lusso, conti correnti, polizze assicurative e società.
Le indagini, svolte anche sulla scorta di una denuncia presentata da referenti del collegio sindacale della Coldiretti, hanno permesso di accertare come il principale indagato, in virtù del suo ruolo di liquidatore di due società confidi della predetta associazione degli agricoltori ed avvalendosi della collaborazione di professionisti e prestanome, abbia posto in essere un’azione di depauperamento dei patrimoni aziendali fino a condurre i predetti enti ad uno stato fallimentare.
Le manovre elusive poste in essere hanno comportato che le società, ormai prive del patrimonio aziendale, non fossero più in grado di essere solvibili ai fini delle garanzie prestate per i finanziamenti dei consociati della Coldiretti creando quindi un inevitabile nocumento per le PMI agricole.
Nel dettaglio, le complesse attività investigative, realizzate anche mediante l’attività tecnica e l’analisi documentale e bancaria, svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Caserta, sotto la guida di questa Procura, hanno permesso di ricostruire tutti i passaggi societari nonché le relative operazioni finanziarie, commerciali artatamente ideate per sottrarre alle società confidi la titolarità dei beni. In virtù del complessivo quadro probatorio è stato possibile accertare come l’illecito modus operandi sia stato realizzato in prima battuta mediante una strumentale valutazione a ribasso dei compendi aziendali delle società confidi e successivamente attraverso sistematiche cessioni di rami d’azienda a società, artatamente costituite e di fatto gestite dal principale indagato, per un prezzo palesemente incongruo rispetto sia al valore della capitalizzazione sia a quello di mercato.
L’accertamento delle violazioni è stato reso dagli indagati particolarmente difficoltoso in virtù della metodica creazione di società, anche di diritto estero e nello specifico panamense, con l’intento di impedire la diretta riconducibilità dei beni al principale indagato che tuttavia, di fatto, gestiva le citate imprese impartendo disposizioni.
L’azione illecita nel suo complesso ha generato un nocumento per le società confidi della Coldiretti le quali hanno subito la perdita dell’intero attivo patrimoniale rimanendo, pertanto, con i soli debiti aziendali e dei debiti di firma collegati alle garanzie confidi rilasciate alle banche.
È doveroso sottolineare che le misure cautelari sono state disposte nella fase delle indagini preliminari, che gli odierni indagati sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva e che le misure cautelari sono state adottate con un contraddittorio limitato alla fase delle indagini preliminari e comunque il Giudice terzo della fase processuale, potrà anche valutare l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati.