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Morto a 70 anni di per un mesotelioma pleurico, dopo 22 anni da operaio nella raffineria Kuwait di Napoli. Il Tribunale di Roma ha condannato la società a risarcire gli eredi di V.T., per una somma complessiva di quasi 1,6 milioni di euro. La sentenza di primo grado è firmata dal giudice del lavoro Amalia Savignano (terza sezione), e stabilisce un risarcimento di 444.787 euro per il danno non patrimoniale. Altri 317.972 euro a testa sono riconosciuti alla vedova e ai tre figli, a causa della perdita del vincolo parentale. “Si tratta di una importante pronuncia perché conferma il rischio amianto anche nel settore petrolchimico” dice Ezio Bonanni, legale dei familiari e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

La malattia è insorta nel 2014, l’ex operaio è deceduto il 21 dicembre 2016. Dall’ottobre 1972 al luglio 1994 aveva lavorato nello stabilimento di Napoli, alle dipendenze della Kuwait Raffinazione e Chimica SpA, già Kuwait Oil Italiana SpA, già Mobil Oil Italiana SpA. Gli eredi sono rivolti al Tribunale di Roma, affermando che il mesotelioma pleurico è stato contratto in seguito ad esposizione ad amianto non cautelata, per l’intero periodo di servizio. L’origine professionale della neoplasia è stato riconosciuto anche dall’Inail. Nel corso degli anni, V.T. è stato impiegato come pompista di centrale termoelettrica, conduttore caldaie centrale e di caldaie impianti di produzione. “Per lo svolgimento di tali mansioni – si legge nel ricorso – era stato esposto in via diretta, indiretta e per contaminazione ambientale a polveri e fibre di amianto in elevate concentrazioni”. Si sarebbe trovato a contatto “con tubazioni, cavi elettrici, guarnizioni, baderne in amianto”. Avrebbe “lavorato gomito a gomito con altri tecnici, compresi i manutentori che manipolavano materiali contenenti amianto, senza che fosse disposto il fermo degli impianti”. E inoltre non sarebbe “stato dotato di mascherine protettive”, né  sarebbero state “presenti cappe di aspirazione”. Il consulente tecnico ambientale, d’altro canto, “ha non solo quantificato l’esposizione annuale e l’esposizione giornaliera all’amianto” dell’uomo, sottolinea il giudice. “Ma ha anche puntualmente evidenziato – aggiunge – tutte le omissioni sotto il profilo cautelare ascrivibili alla datrice di lavoro”.

Nel confermare “l’efficienza causale” della perizia ambientale, il ctu medico legale rileva che “al tempo stesso non può essere trascurata” quella “concausale relativa alle esposizioni anteriori all’ottobre 1972”. Per 102 settimane, dal 1967 al 1969, V.T. era stato militare di leva in marina, come sergente fuochista. E dal 1970 al 1972 aveva lavorato come meccanico presso altre aziende. Per il giudice però, se il danno “come nel caso di specie, è concausato dalla condotta di più soggetti, questi ne rispondono per intero ed in solido con gli altri”. Salvo “ovviamente il regresso nei confronti dei coobligati”. L’industria petrolchimica “ha visto una elevata incidenza epidemiologica – ricorda Bonanni – di casi di mesotelioma, tumore del polmone, della laringe, e di tutti gli altri, causati dall’amianto”. L’Osservatorio Nazionale Amianto ha più volte richiesto “una accelerazione nella bonifica e messa in sicurezza del Sin relativo proprio a Napoli”.