Intitolato questa mattina ad Alessandro Rimini, l’architetto che progettò e diresse i lavori del Cardarelli, il viale centrale dell’ospedale. A scoprire la stele commemorativa il direttore generale Antonio d’Amore insieme alla figlia Liliana, che da bambina prese parte alle prime fasi dei lavori insieme alla mamma Olga. Subito dopo il convegno al Salone Moriello dal titolo “Memoria e Futuro – La salute, un diritto di tutti”, moderato dal giornalista Dario Del Porto, con Fausto De Michele direttore del Dipartimento integrato oncoematologico e toraco-polmonare del Cardarelli; Paolo Ferrara Schick consigliere della Comunità Ebraica di Napoli; Vincenzo Cuccurullo presidente del Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica; Paolo Esposito presidente Ordine dei Fisioterapisti; Teresa Rea presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche e i direttori della Didattica professionale del Cardarelli Dina La Porta, Francesco Vitiello e Massimo Silva. Presenti 200 studenti dei corsi di laurea in professioni sanitarie per la contestuale apertura dell’anno accademico. Due allievi, un infermiere e un tecno di laboratorio biomedico, hanno letto al podio per l’occasione l’art. 32 della Costituzione. All’evento ha anche partecipato una delegazione di medici cinesi protagonisti di un progetto internazionale di osservazione clinica da agosto scorso.
Ad aprire i lavori il direttore generale Antonio d’Amore che ha dichiarato: “L’intitolazione del viale centrale del Cardarelli ad Alessandro Rimini rientra in un percorso che l’ospedale ha intrapreso e che ha scelto di chiamare ‘Memoria e futuro’, perché molto del nostro quotidiano deve essere basato sulla memoria. Spesso non ricordiamo ciò che abbiamo fatto e quello che siamo: basti pensare al Covid. La pandemia sembra che sia qualcosa di passato o, peggio ancora, che non sia mai esistita, invece è proprio la memoria di eventi cosi che dovrebbe insegnarci ad essere migliori e a far rifiorire quelle che sono grandi opere del territorio come il Cardarelli. L’architetto Rimini è stato un uomo di ingegno, grande professionista, ma anche una persona colpita dalle disuguaglianze, che ha saputo superare con tenacia. Il nostro ospedale si basa su un pilastro della società: il sistema sanitario nazionale. Il Cardarelli cura tutti, dal più povero al più ricco, qui non ci sono discriminazioni. E di questo noi dobbiamo tenere memoria”.
“Sono qui come pezzo di memoria storica, perché ho visto posare la prima pietra di questo ospedale“, ha esordito Liliana Rimini. “E siccome oggi ci sono tanti giovani in sala, io vorrei che facessero il loro lavoro in sanità con passione, perché con la passione si ottengono molte soddisfazioni”. Di qui la Rimini ha ricordato la storia del suo papà e l’esperienza napoletana. “E’ stato un lavoro enorme, che ha avuto bisogno di 700 operai. Mattina, sera e notte mio padre era sempre in cantiere. E io, che ero una bambina di due-tre anni, chiacchieravo spesso con tutti gli operai, che erano molto carini con me. Il Cardarelli è stato il mio asilo. Questo mi ha fatto maturare molto, l’idea del lavoro che va fatto bene e curato nei minimi particolari è una cosa che ho imparato a Napoli e che per tutta la vita ho cercato di seguire”. Quindi Liliana Rimini ha concluso: “Tornare al Cardarelli è una grande emozione, sono molto commossa e grata per l’accoglienza. Ringrazio tutti coloro che hanno voluto questa intitolazione e ci vediamo per i cent’anni del Cardarelli, perché no. Chi lo sa… Dipende solo dalla medicina”.